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Lo sfondo di questa storia è il Mediterraneo, e una corona di territori che vi si affacciano, nell'ultimo scorcio dell'Ancien Régime. A segnarlo è una palpabile tensione fra statualità protese nello sforzo di irrobustire i propri spazi, consapevoli al tempo stesso di non controllare appieno le conseguenze delle loro politiche di potenza; affollate di istituti vecchi e nuovi, collocati fra le pieghe di una complessità normativa opaca, ipertrofica e perciò stesso ambigua, porosa ed elastica. In questo contesto si collocano figure equivoche, financo imbarazzanti, e che finiscono per perseguire una politica di promozione del commercio attivo in forme avventurose e palesemente illegali. Don Francisco Hombrados Malo è sicuramente una di queste. Personaggio stravagante, apparentemente estraneo alle grammatiche istituzionali e sovente in marcata opposizione al dettato della norma, ma al tempo stesso organico a una fase in cui le monarchie - le monarchie borboniche - provano a ritagliarsi spazi esclusivi e gerarchicamente disposti, pur senza riuscire a giocare fino in fondo ognuna la propria partita, né vincere la propria scommessa. Inserito nei ranghi militari prima in Spagna e poi a Napoli; ripetutamente accusato di reati commessi come ufficiale dell'esercito; nominato console della «nazione» napoletana a Marsiglia; coinvolto nel traffico delle false patenti napoletane vendute ai Genovesi per assicurare i collegamenti fra la Francia e il Levante; principale protagonista - e antagonista - dell'affaire des bleds. Spregiudicato e ardito: in grado, al tempo stesso, di fronteggiare accuse e affrontare scandali con il piglio di chi rivendica diritti, e poco o nulla ha di cui scusarsi o pentirsi. In grado di beneficiare di privilegi e sorprendenti trattamenti di favore, e di volgere a suo vantaggio ogni criticità. Un uomo tanto abile e agile da passare dall'esercito alla diplomazia, alle aule dei tribunali, alla «repubblica delle lettere»; e di muoversi con altrettanta fluidità fra le varie sponde del lago borbonico.